giovedì 15 ottobre 2009

SINISTRA RADICALE... MI MANCHI


Riportiamo volentieri l'intervento di Andrea Marsiletti su ReggioNelWeb.it.

“Bisogna riaprire il cantiere dell'Ulivo, lavorare per un quadro ampio di alleanze democratiche e di progresso”. Lo ha detto ieri sera il probabile futuro segretario del PD Pier Luigi Bersani nel suo discorso alla convention del partito: rimettere in piedi la vecchia intesa con la sinistra, o con quello che oggi è rimasto di essa, e superare la fantomatica autosufficienza elettorale del partito.
Non mi addentro nei calcoli elettorali che potrebbero stare alla base di questo nuovo ritorno di fiamma, ma con un pizzico di orgoglio ricordo quello che scrissi nel febbraio 2009 nel mio intervento “La mia prima volta… a sinistra” quando feci dichiarazione di voto per la sinistra radicale riconoscendo il diritto e l’utilità della sua presenza parlamentare. Quelli erano mesi di infatuazione kennediana in cui era difficile nuotare controcorrente, nei quali anche il compagno Bersani non si era sottratto al tiro al piccione dei comunisti e alla loro condanna a morte.
Fu Walter Veltroni alla vigilia delle ultime elezioni politiche ad espellere PRC, PdCI e Verdi dal Parlamento negandogli l’apparentamento; fu il tentativo di trasmettere all’elettorato il messaggio ingannevole di una svolta epocale e di innovazione politica perché finalmente il PD si era liberato dai condizionamenti e aveva punito i responsabili del fallimento del Governo Prodi, ovvero i comunisti, che in realtà quasi sempre pretendevano solo il rispetto del Programma votato dagli elettori.
Quel additare i colpevoli e, se mi è consentito il vezzo di una citazione manzoniana sulla peste di Milano, quel “dagli agli untori!” erano al tempo stesso funzionali alla classe dirigente degli ex Ds e degli ex Margherita per autoassolversi e autonominarsi tanto alla guida del nuovo partito quanto in Parlamento, negando così di fatto ogni rinnovamento, alla faccia dei proclami di nuovismo e di giovanilismo che a ripensarci oggi, con davanti agli occhi quello che è il PD, appaiono in tutto il loro opportunismo e tradimento della buonafede della base del partito.
Ma adesso che i comunisti sono fuori dal Parlamento (caso unico in Europa), che non ci sono più tra i piedi la loro zavorra ideologica, estremismo antistorico, utopia freno dello sviluppo economico, il livello del dibattito politico nazionale si è alzato, e finalmente il PD ha dispiegato le proprie potenzialità ed intelligenze per elaborare innovazione verso i lidi del riformismo? (continua su reggionelweb…) ...

8 commenti:

Anonimo ha detto...

I verdi hanno fatto un congresso (in 4) e si sono divisi in due. Rifondazione si è divisa in due. Sinistra democratica non si sa bene se esista oppure no.. Che dramma.

Anonimo ha detto...

Massimo Calearo, riformista PD, sullo sciagurato accordo separato firmato da Fim e Uilm (circa il 30% dei lavoratori) con Federmeccanica, senza la FIOM (che rappresenta oltre il 50% dei lavoratori):

Per Massimo Calearo, la firma dell'accordo è "un risultato importante anche perché anticipa la scadenza dei termini previsti". Nel pieno della crisi, prosegue l'esponente democratico, le parti sociali hanno dimostrato di aver compreso che c'è bisogno di collaborazione. Riguardo alla mancata ratifica da parte della Fiom c'è "amarezza" e l'auspicio "che si possa ritrovare l'unità sindacale nell'interesse dei lavoratori e delle imprese".

Anonimo ha detto...

"della separazione consensuale" di cui tanto si vantava bertinotti però nessun cenno.
far la storia così porta poco lontano.

Anonimo ha detto...

Berti... chi?

Anonimo ha detto...

Ma quale separazione consensuale... Bertinotti e la sua banda si presero una bella porta in faccia da "corro da solo" (ma insieme al dipietro e i radicali).
Poi se non sbaglio anche oggi Bersani (con Loiero e Bassolino in lista) dice che Rifondazione non la vuole.

Anonimo ha detto...

leggi le dichiarazioni di bertinotti ragazzo/a del tempo. poi puoi dire di no.
ah, separazione consensuale in italiano vuol dire che son d'accordo tutti e due i soggetti in questione.

Anonimo ha detto...

berti.. chi?

Anonimo ha detto...

Berti... lui?

Non c’è pace per Sinistra e libertà. Il progetto nato in occasione delle ultime europee con l’ambizione di creare una forza di sinistra, diversa ma naturalmente alleata al Partito democratico, mai come oggi rischia il naufragio.

La prima (e significativa) falla nell’arca di SeL s’è aperta con il congresso dei Verdi e con la vittoria della linea identitaria di Bonelli a scapito del progetto unitario della Francescato e di Cento. Un colpo di scena che ha provocato l’uscita del Sole che ride dal percorso verso un partito unico guidato da Nichi Vendola. E che nei prossimi giorni esplicherà tutti i suoi effetti, visto che il nuovo esecutivo ecologista ha chiesto il ritiro di tutti i dirigenti da Sinistra e libertà. Ora toccherà decidere a Francescato e soci se uscire dal partito oppure accettare di essere minoranza, ovviamente con tutti i benefici del caso, dalle poltrone ai fondi. Ebbene, per ora i Verdi sconfitti prendono tempo, non facendosi attirare dalle sirene dei vendoliani. Gli ex di Rifondazione infatti hanno subito rilanciato con la proposta di un congresso anticipato a dicembre, subodorando il rischio di un rompete le righe generalizzato.

Tuttavia l’unica cosa che sono riusciti a portare a casa è un’assemblea costituente, il prossimo 18 dicembre a Napoli, che dovrebbe però essere solo un atto propedeutico alla costituzione di un nuovo partito e non un congresso vero e proprio. Un compromesso al ribasso, nato dai dubbi e dalle incertezze di altri soci fondatori.

Oltre ai verdi minoritari infatti anche i socialisti di Riccardo Nencini non sono affatto convinti della nuova avventura. In un’intervista a Terra, il segretario socialista ha ribadito che non ci pensa proprio a sciogliere il partito e che l’unica cosa che può garantire è il rispetto della procedura standard: prima le regionali di marzo, poi il congresso socialista e, se la sua linea passa a maggioranza, lo scioglimento in Sinistra e libertà. Un percorso lunghissimo, che rischia di terminare quando il partito in fieri vendoliano sarà già abortito. Non a caso c’è chi sostiene che Nencini non fa altro che prendere tempo per sabotare il progetto.

I più maligni dicono che conti l’accordo che ha chiuso col Pd toscano per la sua rielezione nelle liste democratiche (oltre a segretario socialista Nencini è anche presidente del consiglio regionale toscano). Per gli oppositori interni, ovvero Bobo Craxi, la verità è che la maggioranza degli iscritti socialisti sarebbe contraria all’ipotesi di scioglimento in SeL e preferirebbe invece una linea più identitaria. Alla Verdi, per intenderci.

Sta di fatto che a volere la nascita di un partito della sinistra in tempi brevi si ritrovano davvero in pochi. Tanto che gli stessi vendoliani, i più strenui sostenitori del progetto SeL, cominciano ad essere stufi dei continui rimandi e iniziano a guardarsi intorno.

La strategia è quella di forzare e andare subito a un congresso fondativo, con tutti quelli che ci stanno, anche se questo significa perdere dei pezzi.

Poi, a guida di un partito vero, Vendola potrebbe cominciare a trattare con le altre forze del centrosinistra. Col Pd certo, ma non solo. Fonti vicine al governatore pugliese rivelano che nelle ultime settimane è ripartito il dialogo con l’ex compagno di partito e segretario del Prc, Paolo Ferrero.

Lo confermano sia l’ingresso nella segreteria di Rifondazione di due ex dirigenti vendoliani rimasti nel partito che le parole di Gennaro Migliore: «Il progetto isolazionista di Ferrero è fallito e per noi non ci sono problemi a discutere di un eventuale riavvicinamento per dare voce a un popolo di sinistra che rischia di essere orfano». Insomma, un clamoroso ritorno all’unità della sinistra radicale.